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atto quinto. — sc. iv. 211
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Con lui? Pur suol Volpin tuo avere il diavolo
In corpo: egli saría pur troppo idoneo
A questo, nè il miglior potresti eleggere.
Crisobolo.Quel ladroncel? esso è stato potissima
Cagione, è stato la guida, il principio
Di questo mal, di tutto questo scandalo.
Io l’ho cacciato in ceppi, e mi delibero,
Per dio, di castigarlo come merita.
Fulcio.Deh non lasciar, Crisobol, che la collera
Ti vinca e offuschi la ragione: mandalo
Con tuo figliuol: non puoi far meglio; e credimi.
Crisobolo.È il maggior tristo.
Fulcio.                                 Tanto è più a proposito
Tuo in questo, quanto gli è più tristo. Mandalo
Ogni modo, chè non potresti scegliere
Fra mille il più sufficïente; mandalo
Con tuo figliuolo, e fa che vengan subito.
Crisobolo.Ancorchè sia quel che gli è, e ch’io ’l desideri
Di castigar, pur mi è forza ricorrere
A lui; perchè fra quanti altri mi servono,
Non ci conosco un che sapesse mettere
Insieme due parole che ben stessino.
Dio sa che mi rincresce fin all’anima!
Fulcio.Lascia andar: ben potrai con più tuo comodo
Dell’altre volte castigarlo.[1]
Crisobolo.                                              Duolmene,
In somma, e molto mi par duro a rodere
Quest’osso. Ma non ti partir: aspettali
Un poco qui: vô ch’ambi teco vengano.
Fulcio.Va, ch’io gli aspetto. — Or mi convien ben debita-
mente il trionfo: or convien ben che cintomi
Sia questo capo, pien di sapïenza,
Di corona di lauro; poichè rompere
Ho saputo i nemici e in fuga volgere:
Ho rotto e guasto lor ripari, e entratovi
Per forza; ho prese le fortezze ed arsele;
Gli ho saccheggiati e messi a taglia, e fattili
Di più somma al mio fisco tributarii,
Ch’io non ebbi speranza da principio,


  1. Così la stampa del Giolito. In tutte le altre questo luogo trovasi così mutato: Lascia or andar, ch’avrai (o, che avrai) tempo più, proprio De l’altre volte castigarlo (o, a gastigarlo.)
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