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214 | la cassaria. |
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SCENA VI.
VOLPINO, EROFILO, FULCIO.
Volpino.Io vederò di farlo restar tacito,
Non dubitar, per quel men che possibile
Sarà; e spero di far più che se proprio
Tu ci venissi anco in persona. Lasciane
A me la cura pur: so che dell’opera
Mia ti contenterai. Ma veggo Fulcio.
Erofilo.Dov’è?
Volpino. Vedilo là.
Erofilo. Lo veggo. O Fulcio,
Quando mai ti potrem riferir[1] grazie
Degne e convenienti al benefizio
Che fatto ci hai? Se tutto in tuo servizio
Ponessi ciò c’ho al mondo, anco parríami
Poco, e ch’io non soddisfacessi all’obbligo
Ch’io t’ho infinito.
Fulcio. Assai mi basta, Erofilo,
Che mi faccia buon viso.
Volpino. O mia infallibile
Speranza, o mio rifugio, o mia vera, unica
Salute! Fulcio, tu m’hai di grandissimo
Travaglio tolto, ed hai di crudelissimi
Tormenti liberato questa povera
Vita; la qual io son per sempre mettere
A tutti i cenni tuoi.
Fulcio. Queste son opere,
Questi sono servizi che si prestano.
Volpin, non ne dir più. Ti par, Erofilo,
Ch’abbia saputo trovare e far nascere
Danar, come io promisi, in abbondanzia?
Erofilo.E più di quelli ancor che bisognavano.
Volpino.Or se tu n’hai più del bisogno, rendili
Al tuo padre.
Erofilo. Non farò già.
Fulcio. Nè Fulcio
Ti dà questo consiglio.
Erofilo. E meno io prendere
- ↑ Così nel Giolito. Gli altri: «render le.»