Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
atto primo. — sc. ii. | 223 |
Ch’esce fuor della botte. Ve’ bellissimi
Segni ch’avete nel monte di Venere!
Ma questo luogo non è molto comodo:
Io voglio un’altra mattina vedervela
Ad agio, e farvi alcune cose intendere
Che non vi spiaceran.
Cleandro. L’avrò gratissimo.
Ma dimmi, per tua fè, dimmi, Pasifilo,
Di qual ti pensi che più questa giovane
Si contentasse per marito, avendone
A pigliar un di noi, di me o di Erostrato?
Pasifilo.Di voi, senza alcun dubbio. Ella è magnanima:
Io so che assai fa più conto del credito
E dignità che acquisterebbe essendovi
Moglie, ch’ella non fa di ciò che Erostrato
Le possa dar, quantunque esser ricchissimo
Si dica; ma Dio sa chi è nella patria
Sua.
Cleandro. In questa terra fa molto il magnifico.
Pasifilo.Sì, dove alcun non gli dice il contrario.
Ma faccia quanto vuol; vai la scïenzia
Vostra più che non vai tutta Sicilia.
Cleandro.L’uom che sè stesso loda, si vitupera:
Pur dir posso con ver, che la scïenzia
Mia nel bisogno mi è stata più utile,
Che quanta roba sia al mondo. Ben giovane
Uscíi d’Otranto già, ch’è la mia patria,
In farsettin, quando li Turchi il preseno;
E venni a Padoa prima; ed indi a leggere
Fui qui condotto, dove col salario
E consigliare e avvocar, fra lo spazio
Di venti anni, acquistai di più di sedici
Mila ducati la valuta, e seguito.[1]
Pasifilo.Queste son vere virtù! Che filosofi!
Che poesie! tutte l’altre scïenzie,
A paragon delle leggi, mi pajono
Ciance.
Cleandro. Ben ciance. Onde abbiam quel notabile
Verso, e così morale: Opes dat sanctio
Iustinïana.
- ↑ E aderenze, amicizie: benchè altri potrebbe notar questo passo come anfibologico, per l’equivoco a cui può dar luogo con: e prosieguo ad acquistare.