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272 | i suppositi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:282|3|0]]
Senza mangiar tutt’oggi intero, ch’esservi
Venuto innanzi.
Erostrato. O mel dirai, Pasifilo;
O che farai pensier mai più non mettere
Piè dentro a questa porta.
Pasifilo. Voglio, Erostrato,
Più tosto che la vostra nimicizia,
La general di quanti son gli altri uomini.
Ma se udite novelle che vi increschino,
Vostra colpa.
Erostrato. Nïente può rincrescermi
Più che il mal di Dulippo; nè[1] il mio proprio.
Pasifilo.Poi che così vi par, dunque diròvvelo.
È stato ritrovato questo povero
Garzon, che con la figlia di Damonio
Si giace.
Erostrato. Aimè! l’ha saputo Damonio?
Pasifilo.L’ha una fante accusato, e il patron subito
Prender l’ha fatto; e così ancor la balia
Della fanciulla, che n’è consapevole;
Ed ha fatto amendua cacciare in carcere:
In casa sua però; dove, al mio credere,
Faran de’ lor peccati penitenzia.
Erostrato.Va in cucina, Pasifilo, e fa cuocere
E dispor quelle vivande a tuo arbitrio.
Pasifilo.Se voi certo m’aveste fatto judice
De’ savi,[2] non mi avreste dato ufizio,
Che fosse più di questo a mio proposito.
SCENA III.
EROSTRATO.
Più tosto che mi sia stato possibile
Ho spinto via costui, perchè le lacrime
Non vegga nè i sospir oda che ascondere
Non pônno gli occhi più nel petto. Ah perfida
Fortuna! quelli mal, che dispensandogli
A parte a parte sarían stati idonei