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atto primo. — sc. i, ii. 295
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Corbolo.Il farti ella suonar,[1] come un bel cembalo,
Di venticinque fiorini, tu nomini
Bene? Ma dimmi: ove sarà,[2] pigliandoli
Tu in presto, poi provvisïon di renderli?
Flavio.Ho quattro mesi da pensarci termine:
Che sai che possa in questo mezzo nascere?
Non potrebbe morir, prima che fossero
Li tre, mio padre?
Corbolo.                                Sì; ma potría vivere
Ancor: se vive, come è più credibile,
Che modo avrai di pagar questo debito?
Flavio.Non verrai tu sempre a prestarmi un’opera,
Che gli vorrò fare un fiocco?[3]
Corbolo.                                                  Te n’offero
Più di dieci.
Flavio.                      Ma sento che l’uscio aprono.
Corbolo.E tu aprir loro il borsello apparecchiati.


SCENA II.

LENA e detti.


Flavio.Buondì, Lena, buondì.
Lena.                                   Saría più proprio
Dir buona notte. Oh molto sei sollecito!
Corbolo.Risalutar ben lo dovevi, ed essere
Più cortese.
Lena.                    Con buoni effetti vogliolo
Risalutar, non con parole inutili.
Flavio.So ben che ’l mio buondì sta nel tuo arbitrio.
Lena.E ’l mio nel tuo.
Corbolo.                           Anch’io il mio nel tuo mettere
Vorrei.
Lena.             Oh che guadagno! Dimmi, Flavio,
Hai tu quella faccenda?
Corbolo.                                        Ben puoi credere
Che non saría venuto non avendola.


  1. Modo proverbiale lombardo, che vale, d’ordinario: Spendere con poca o niuna ragione. — (Pezzana.)
  2. Così leggono le edizioni antiche; quella del Molini, non so con quale autorità, legge farai. — (Tortoli.)
  3. Vedi a pag. 136, verso 10 e nota 1.
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