Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
304 | la lena. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:314|3|0]]
È da lui fatto: ma ciò non potendosi,
Perchè non l’ha, con la figliuola vogliolo
Far esser quel ch’io non so com’io nomini.
SCENA III.
CORBOLO, LENA.
Corbolo.(Un uom val cento, e cento uno non vagliono:
Questo è un proverbio che in esperïenzia
Questa mattina ho avuto.)
Lena. Parmi Corbolo
Che di là viene; è desso.
Corbolo. (Chè, partendomi
Di qui per far quanto m’impose Flavio,
Vo in piazza, e tutta la squadro, e poi volgomi
Lungo la loggia, e cerco per le treccole,
Indi innanzi al Castello, e i pizzicagnoli
Vo domandando s’hanno quaglie o tortore.)
Lena.Vien molto adagio; par che i passi annoveri.
(Nulla vi trovo: alcuni piccion veggovi
Sì magri, sì leggieri, che parevano
Che la quartana un anno avuto avessino.)
Lena.Pur ch’egli abbia i danari!
Corbolo. (Un altro toltoli
Avería, e detto fra sè: — Non ce n’erano
De’ migliori: c’ho a far[1] che magri siano
O grassi, poichè non s’han per me a cuocere? —
Lena.Vien col braccio sinistro molto carico.
Corbolo.(Ma non ho fatt’io così; che gli ufizii,
E non le discrezioni, dar si dicono:[2]
Anzi, alla porta del Cortil[3] fermandomi,
Guardo se contadini o altri appajono,
Che de’ migliori n’abbian. Quivi in circolo
Alcuni uccellator del duca stavano,
Credo, aspettando questi gentiluomini
Che di sparvieri e cani si dilettano,