Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
22 | la cassaria. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:32|3|0]]
ATTO TERZO.
SCENA I.
VOLPINO, TRAPPOLA servi, EROFILO.
Volpino. Prima che tu mi lasci, impara bene, sì che venir sappi con la femmina qua dove t’ho detto. Ricordati che passato il portico che tu trovi su per questa contrada, è la terza casa a man ritta.
Trappola. Me lo ricordo.
Erofilo. Non sarà meglio, perchè non falli, che la meni qui súbito, e noi la conduciamo poi là?
Volpino. Per nessun modo; che la potrebbe vedere alcuno vicino, e verríeno scoperte le insidie che al ruffiano si tendono.
Erofilo. Tu di’ il vero.
Volpino. È una porta piccola fatta di nuovo.
Trappola. Tu me l’hai detto.
Volpino. Lena si chiama la patrona della casa.
Trappola. L’ho a mente.
Volpino. All’incontro v’è uno sporto di legname.
Trappola. Va, non dubitare, ch’io saprò quasi venire sì ritto come alla taverna.
Volpino. Noi anderemo quivi ad aspettarvi, e faremo apparecchiare la cena intanto.
Trappola. Fa che vi sia da bere in copia, che questa veste lunga[1] m’ha già messo sete.
Volpino. Non te ne mancherà. Abbi il cervel teco, chè questo ruffiano, che ha il diavolo in corpo, non s’avvedesse.
Trappola. Ah, ah, ah! chi vuol insegnarmi a dir bugíe, che prima in bocca l’ebbi, che tu le poppe!
Volpino. Or va: che prosperi succedano i disegni.
- ↑ Ant. stamp.: queste veste lunghe. Fors’è poi da correggere, rinnovando codesta lezione: m’han.