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314 | la lena. |
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Di patto[1] l’armi e li panni gli fossero
Stati. Or sia ancor , ch’io vada al duca, e contigli
Il caso; che farà, se non rimettermi
Al podestade? E ’l podestade subito
M’arà gli occhi alle mani, e non vedendoci
L’offerta, mostrerà che da far abbia
Maggior faccende; e se non avrò indizii
O testimonî, mi terrà una bestia.
Appresso, chi vuoi tu pensar che sieno
I malfattori, se non i medesimi,
Che per pigliar li malfattor, si pagano?
Col cavalier dei quali, o contestabile,
Il podestà fa a parte; e tutti rubbano.[2]
Corbolo.Che s’ha dunque da far?
Ilario. D’aver pazienzia.
Corbolo.Flavio non l’avrà mai.
Ilario. Converrà bêrsela,
O vogli o no. Poich’è campato, reputi
Che gli abbia Dio fatto una bella grazia.
Egli è fuor del timore e del pericolo
Senz’altro mal; ma son io, che gravissima-
mente ferito nella borsa sentomi.
Mio è il danno, ed io, non egli ha da dolersene.
Una berretta gli farò far subito,
Com’era l’altra, e una robba onorevole:
Ma non sarà già alcuno ch’a rimettere
Mi venga nella borsa la pecunia
Ch’avrò speso, perchè egli non stia in perdita.
Corbolo.Non saría buon che i rigattieri fossino
Avvisati e gli Ebrei, che se venissero
Questi assassini ad impegnare o vendere
Le robbe, tanto a bada li tenessino,
Che voi fossi[3] avvisato, sì che, andandovi,
Le riavessi, e lor facessi prendere?
Ilario.Cotesto più giovar potría che nuocere:
- ↑ A patto di non offenderlo altrimenti.
- ↑ In un tempo in cui menasi sì gran lamento sulla indebolita autorità dei governi, non mancherà chi seriamente facciasi a riflettere sopra queste ed altre pubbliche infamazioni, che in questa Commedia s’incontrano, dei delegati del principe, pronunziate (come tutto fa credere) alla presenza del principe stesso.
- ↑ Ant. stamp.: fosse.