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atto quarto. — sc. iv. | 325 |
SCENA IV.
BARTOLO, MAGAGNINO e SPAGNUOLO sbirri,
e GIULIANO.
Bartolo.Cotesta vô per parte del mio credito.
Fascione[1] e tu Magagnino, pigliatela
In spalla, e tu Spagnuolo.
Magagn. Io non soglio essere
Facchino.
Spagnuolo. Ed io tampoco.
Bartolo. Un bel servizio
C’ho da voi!
Giuliano. Non sia alcuno che di tôrmela[2]
Ardisca, se non vuol...
Bartolo. Dunque, vietarmi tu
Vuoi che non si eseguisca la licenzia
C’ho di levargli i pegni?
Giuliano. Li suoi togliere
Non vi divieto; ma la botte dicovi
Ch’ell’è mia.
Bartolo. Come tua?
Giuliano. L’è mia verissima-
mente, chè unguanno fa da me prestatagli.
Bartolo.Deh, che ciance son queste? Ritrovandola
Uscir di casa sua, come sua tolgola.
Giuliano.La togli? si, s’io tei comporto. Lasciala:
Se non, ch’io te...
Bartolo. Siatemi testimonii.
Che costui vieta...
Giuliano. Che vieta? Lasciatela.
SCENA V.
FAZIO, GIULIANO, PACIFICO, BARTOLO,
CORBOLO.
Fazio.Oh, che romor fate voi qui? che strepito
È questo?
Giuliano. È mia la botte, e riportarmela
- ↑ Così le stampe antiche; e le più recenti: Falcione.
- ↑ Il Barotti, coi posteriori ad esso: Non sia (o fia) alcun che di toccarmela.
ariosto. — Op. min. — 2. | 28 |
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