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prologo. 353

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Il qual gli piacque e lo tenne a memoria:
A Fiorenza ed a Siena poi diede opera,
E per tutta Toscana, a l’eleganzia
Quanto potè più; ma in sì breve termine,
Tanto appreso non ha, che la pronunzia
Lombarda possa totalmente ascondere.[1]
Or, se la sua Commedia con silenzio
Udirete, vi spera dar materia.
Quanta vi désse Ferrara, da ridere.


PROLOGO

COMPOSTO PER LA RAPPRESENTAZIONE FATTA IN FERRARA.


Più non vi parrà udir cosa impossibile
Se sentirete che le fiere e gli arbori,
Di contrada in contrada, Orféo seguivano;
E che Anfïone in Grecia e in Frigia Apolline
Cantando, in tanta foja i sassi posero,
Che addosso l’uno all’altro si montavano
(Come qui molti volentier farebbono,
Se fosse lor concesso), e se ne cinseno
Di mura Tebe e la città di Priamo:
Poichè qui troverete Cremona essere
Oggi venuta intera col suo populo;
Ed è questa ove io sono, e qui cominciano
Le sue confine, e un miglio in là si stendono.
So che alcuni diranno, ch’ella è simile,
E forse ancora ch’ella è la medesima
Che fu detta Ferrara, recitandosi
La Lena:[2] ma avvertite e ricordatevi
Che gli è da carnoval, che si travestono
Le persone; e le fogge ch’oggi portano


  1. Sopra questo passo , non che di ricordo ma di meditazione degnissimo, ci accadde richiamare altre volte l’attenzione dei leggitori (Vedasi a pag. 383 del Tomo I). Ora ci gode l’animo, se invece di cacciar di luogo o velare ipocritamente i lombardismi che veramente si trovano nell’Ariosto, lasciandoli sussistere e facendoli ancora secondo i casi osservare, ci siamo conformati al giudizio che di sé pronunziava quel sì stupendo scrittore.
  2. Questo passo può darci a conoscere il modo con che allora i teatri si fabbricassero, e il come fosse costrutto anche quello già fatto erigere dal duca Alfonso in Ferrara. Di che tocca ancora il Baruffaldi nella Vita, più volte citata, del nostro autore, pag. 201.

30°

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