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28 | la cassaria. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:38|3|0]]
Gianda. Levarla a costui, e menarla ad Erofilo.
Trappola. — T’incresce così forte lasciar Metellino? —
Gianda. Come si scosti un poco, leviámogliela.
Morione. In che modo faremo?
Gianda. Come si fa? con pugni e calci: noi siamo cinque, e lui è solo.
Trappola. — Non pianger per questo... —
Negro. Canchero a chi si pente.[1]
Trappola. — Chè ti fo certa, che non ti menerò molto lontana. —
Nebbia. E se grida, non gli accorrerà tutta la vicinanza?
Gianda. Sì, per dio! chi verrà a tempo?
Trappola. — Tu non rispondi? —
Corbacchio. E chi è quello che senta gridar la notte, e vogliasi súbito saltar su la via?
Trappola.— Deh non macchiare con queste tue lagrime sì polite guance. —
Gianda. Adesso è, Nebbia, il tempo di farsi con sì gran beneficio (quanto sarà, se ci ajuti) Erofilo amicissimo sempre.
Nebbia. Facciânlo; ma non si meni già in casa, chè saremo conosciuti, ed aremo mal fatto.
Gianda. E dove la meneremo dunque?
Nebbia. Che so io?
Negro. Non si stia per questo; la potremo condurre a casa di Chiroro de’ Nobili, che è tanto amico di Erofilo, ed è il miglior compagno di questa terra.
Gianda. Non si potea meglio pensare.
Trappola. — Io sto tutto sospeso di andare a quest’ora così solo: io non pensavo già che questo asino mi devesse però lasciare. —
Morione. Voi lo terrete a bada con buone pugna e calci, ed io e Corbaccio ce ne porteremo la giovene.
Gianda. Or innanzi, e non più parole.
Trappola. — Oimè! che turba è questa che mi vien dietro? —
Gianda. Fèrmati, mercatante.
Trappola. Che volete voi?
Gianda. Che roba è cotesta?
- ↑ Tutte le edizioni pongono queste parole in bocca al Nebbia, contro il contesto, e contro l’autorità della commedia in versi, che le assegna al Bruno. Io sospettando in ciò errore di stampa, in luogo del Nebbia ho posto il Negro. — (Tortoli.)