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atto secondo. — sc. i, ii. 371
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Ha giuntati e rubati; quante povere
Case ha disfatte, quante d’adulterii
Contaminate, or mostrando che gravide
Volesse far le maritate sterili,
Or le sospizïoni[1] e le discordie
Spegner, che tra mariti e mogli nascono.
Or ha in piè[2] questo gentiluomo, e beccalo
Meglio che frate mai facesse vedova.


SCENA II.

ASTROLOGO, NIBBIO.


Astrologo.Provvederò ben al tutto io: lasciatene
A me pur il pensier.
Nibbio.                                   Sì sì, lasciatene
La cura a lui: non vi potete abbattere
Meglio.
Astrologo.            Oh! tu se’, Nibbio, costi? Volevoti
Appunto.
Nibbio.Anzi, vorreste un altro, simile
A quel che resta costà dentro; ch’utile
Poco avrete di me.
Astrologo.                                Vorrei de’ simili
Più tosto a questi[3] che meco fuor escono.
Ve’ che non t’apponesti.
Nibbio.                                        Come diavolo
Faceste?
Astrologo.               Dianzi me li diede Massimo,
Chè in certe medicine che bisognano
Io li spendessi. Te’ tu questi; comprane
Due buone paja di capponi, e sieno...
Tu intendi; fa che di grassezza colino.
Nibbio.Vi chiamarete servito benissimo.
Astrologo.Due bacini d’argento, che non vagliono
Men di cento cinquanta scudi, voglioti


  1. Non bene, i più antichi editori: superstizioni.
  2. Ha in suo potere: presa la similitudine dagli uccelli di rapina. Il che confermasi dalla variante del seguente verso, riportata dal Barotti: «Meglio che mai sparvier facesse passera.» Vedi anche il verso 2, della sc. II dell’atto terzo.
  3. Mostrandogli danari. — (Pezzana.)
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