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atto terzo. — sc. i. | 383 |
Cintio. V’obbligo
La fede mia.
Astrologo. Vel dirò dunque; uditemi.
Io voglio far che ritroviate un giovene
Questa notte nel letto con Emilia.
Cintio.Che avete detto?
Astrologo. Che troviate un giovene
Questa notte nel letto con Emilia.
Non m’intendete?
Cintio. Forse me medesimo
Ci trovarò.
Astrologo. Dícovi un altro giovene,
Che le darà di quello in abbondanzia,
Che le negate voi.
Cintio. Dunque ella è adultera?
Astrologo.Cotesto no, ma casta e pudicissima:
Ma sarà tosto giudicata adultera
Dal vecchio; onde vi fia cagion legittima
Seco, e con tutto il mondo, di ripudio:
E quando ancor voi non voleste, Massimo
So non la terrà in casa, e vorrà subito
Che torni a casa il padre.
Cintio. Ah, sarà scandalo
Ed infamia perpetua della giovane!
Astrologo.E che noja vi dà, purchè la lievino
Di casa vostra, e che mai più non abbiano
A rimandarla? Non guardate, Cintio,
Mai di far danno altrui, se torna in utile
Vostro. Siamo a una età, che son rarissimi
Che non lo faccian, purchè far lo possano;
E più lo fan, quanto più son grandi uomini;[1]
Nè si può dir che colui falli ch’ímita
La maggior parte.
Cintio. Fate voi; guidatemi
Come vi par. Gli è ver, se gli è possibile
Far altramente che con tanto scandolo
E tanto disonor di questa giovane,
Io ci verrò di molto miglior animo.
Astrologo.Verrete solo a trovarmi alla camera...
Nibbio.(Se vi vai, te l’attacca.)
Astrologo. Chè per ordine
- ↑ Censura acerrima de’ tempi, come ognun vede.