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420 | il negromante. |
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Astrologo. Va, e studia
Il passo, e torna tosto.
Temolo. (Quasi detto gli
Ho che pare un ghiottone e un ladro. Aspettimi
Tanto ch’io possa al podestade correre,
E quel che pare ed è gli farò intendere.
Questa vesta gli ho tolta, non per renderla,[1]
Ma perchè sconti in parte quel che fattoci
Ha il ladroncello inutilmente spendere.)
SCENA V.
ASTROLOGO, poi NIBBIO.
Astrologo.Era ben certo che esser miei dovessino
Gli argenti di Camillo; perchè, avendolo
Mandato chiuso nella cassa, e fattolo
Serrar in questa camera, ho assai spazio
Di vôtarli la casa, e di fuggirmene
Sicuro. Ma dei bacini che Massimo
Mi debbe dar, avevo qualche dubbio;
Non che mutasse volontà di darmeli,
Ma che non me li desse oggi; e volendoli
Poi dar domani, io non ci potessi essere,
Chè questa notte levarmi delibero.
Io non so quando occasïon sì comoda
Ritornasse mai più. Qualvolta prospera
Comincia a esser fortuna, un pezzo seguita
Di bene in meglio; e chi non la sa prendere,[2]
Non di lei ma di se poi si rammarichi.
La prenderò ben io. Ma ecco, Nibbio.
Nibbio.Voi sête così in gonnellino! avetevi
Forse giocata la vesta?
Astrologo. Prestatala
Ho pur a un de’ famigli qui di Massimo,
Che è ito a tôr que’ dua bacini, e aspettolo
Che me gli arrechi.
Nibbio. Bacini? Eh levatevi,
Padron, di qui! Quel ribaldo attaccatavi