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prologo di g. ariosto. 427

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E qualche volta a sostenere il carico
Della Commedia, e farle servar l’ordine.
E disse: — Frate, i tuoi frequenti stimoli,
Ma più la reverenzia del mio prencipe,
M’ha tratto a dirti il fin della Commedia.
Bisogna che tu intenda la memoria
Sì ben, che sia bastante recettacolo
Al molto ch’ancor resta per concludere.—
Mancava a farsi giorno ancor buon spazio,
Quando egli cominciò dal loco proprio
Ov’era monca l’opra, e con bastevole
Pronunzia la ridusse in fino all’ultimo,
Quando si dice: — «O spettatori, andatene
In pace;»— e ciò finito, in pace andòssene.
E chi ascoltato avéa si levò subito;
E già veggendo il sole i raggi porgere,
Tal che luce potéa dare allo scrivere,
Non si fidando ben della memoria,
Non si volse levar di mano il calamo,
Che scrisse il compimento della favola
Come gli avéa dettato la santa anima.
Ascoltarete adunque La Scolastica
Fatta dal vostro poeta tutta integra:
E quando vi paresse alquanto vario
Lo stile aggiunto, non vi paja stranio;
Chè non son però i morti a’ vivi simili.
Dirànvi l’argomento, come sogliono
Dirvi, quei primi che verranno in pulpito.
Quei stiano attenti, a’ quali le commedie
Piaccion: a cui non piacciano, si partino;
Ovver, mirando questi volti lucidi
Di tante belle donne, stiano taciti.




PROLOGO

COMPOSTO DA VIRGILIO ARIOSTO.[1]


Vengo a voi solo per farvi conoscere
Il nome dell’autor di questa fabula,
Che La imperfetta con ragion si nomina;


  1. Questo Prologo trovasi stampato dal Barotti, nelle sue Dichiarazioni
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