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442 | la scolastica. |
ATTO SECONDO.
SCENA I.
BONIFACIO, PISTONE famiglio.
Bonifacio.(Meglio è ch’io vada in piazza, e ch’io faccia opera
Col bidel, che mi truovi alcuno giovane
Costumato e dabbene, a ch’io le camere
Mie lochi;[1] chè, volendo messer Claudio,
Come dice, partir, vuote non restino.)
Pistone.Vô uscir di casa, nè prima lasciarmici
Oggi trovar, che sian sonati i vesperi.
Bonifacio.(Ecco la feccia di quanti si trovano
Famigli negligenti, temerarii
E cianciator. Non so come potutolo
Abbia sì longamente patir Bartolo.)
Pistone.(Dovéan mandar un messo innanzi, o scrivere,
E darne almen d’un mezzo giorno spazio.
Gli è un mese che non sento altro, che vengono,
Non vengono. Al fin pur venuto è il vengono,[2]
Ed è venuto quando con più incomodo
Nostro ha potuto venire. Or mangino[3]
Di quel ch’è in casa; e faccin come possono:
Ch’io non so come provveder sì subito;
Nè sapendol, ci ho tempo; che m’importano
Più le faccende che ’l padrone impostomi
Ha, che l’apparecchiar credenze e tavole.)
Bonifacio.Che vuol dir questo apparecchio?
Pistone. Ci vengono
Forastieri.
Bonifacio. E chi son?
Pistone. Non posso dirlovi.
Bonifacio.Perchè?
Pistone. Perchè ha commesso in casa Eurialo,
Che non si dica fuor.