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atto secondo. — sc. i. | 443 |
Bonifacio. Fatti in qua, dimmelo
Dentro l’orecchio: ma[1] non volse intendere
Di me.
Pistone. Nol so: ha ben commesso in spezie
Che non si dica a questo vostro giovane
Che vi sta in casa.
Bonifacio. E perchè?
Pistone. Voglio dirlovi
Pur come egli è: di voi disse il medesimo,
Che non vi si dicesse.
Bonifacio. È egli possibile?
Pistone.Gli è com’[2] vi dico: ma a sua posta,[3] vogliolo
A voi dir, ogni modo, chè vi reputo
De’ nostri. Poi la cosa non veggo essere
Tanto importante, ch’io la debba ascondere:
E gracchi quanto vuol. Son gli medesimi
Ch’a questi dì aspettammo, che poi scrissono
Che non voléan più venir: or ci giongono
Addosso alla sprovvista, quando Bartolo
È partito.
Bonifacio. E chi son? pur messer Lazzaro,
Quel dottor da Pavia?
Pistone. Non messer Lazzaro,
Ma la mogliere e la figliuola. Vogliono
Veder Ferrara. Montati[4] a Fellonica,[5]
Son nelle navi del mercato; e vengono
Elle due, e con lor solo è il nostro Accursio,
Senza più.
Bonifacio. E dove resta messer Lazzaro?
Pistone.Va giù per l’altro Po: non ci vuol, dicono,
Dar tanta spesa.
Bonifacio. Debbe esser che misero,[6]
- ↑ Così l’autografo, nè certamente senza senso; sebbene riesca più chiara la lezione di Gabriele, e del comune delle stampe: «che (chè, o ch’e’) non volse.»
- ↑ I manoscritti e le antiche stampe pongono intero: «come.» Le moderne soppressero il vi.
- ↑ Pare da intendersi: ma il proibisca egli a sua posta, voglio a voi dirlo.
- ↑ Così i manoscritti e le antiche stampe, con relazione a forestieri e a medesimi (rileggasi indietro), piuttosto che a mogliere e figliuola, in compagnia delle quali credevasi essere anche il servo Accursio.
- ↑ Villa del Mantovano sul Po di Lombardia alla destra, poco discosta da’ confini ferraresi. — (Barotti.)
- ↑ L’autografo ha veramente (e così la stampa del Grifio): «Debbe esse-