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466 | la scolastica. |
Porrete e piedi e mani e senno in opera,
Salverete amendue.
Eurialo. C’ho a far? Insegnami;
Ch’io, per me, mi ritrovo in modo attonito,
Che non so dove io sia.
Accursio. Mi par che subito
Si dica a messer Claudio e a Bonifacio
Il tutto, e che si preghino che vogliano
Che queste donne in la lor casa passino.
Levate ch’elle siano, ogni pericolo
Sería[1] levato. Venga messer Lazzaro
Quando vuol; torni il vecchio a beneplacito
Suo poi; non ci saría più alcun pericolo.
Avvertiremo la Stanna; lasciate la
Cura a me di parlar seco, e instruerla[2]
Come ha a dir. Se Piston detto il contrario
Avrà, che già sian venute, faremolo
Parer bugiardo. Egli so che vedutele
Non l’ha. Diremo, che dato ad intendere
Così gli avéamo, acciò fusse sollecito
E diligente più che non è solito.
Eurialo.Mi piace il tuo parer. Or presto facciasi
l’effetto. Torna tu in casa, ed avvisale:
Io parlerò a questi altri.
Accursio. Ma vedetelo.
Eurialo.Mio padre? Oimè, gli è desso! Avremo in aria
Fatt’il castel: non possiam più difenderci,
Che al suo apparir tutti i ripari cascano.
Accursio, io son ben morto.
Accursio. Gli è meglio essere
Ben morto, che mal vivo. Or raccoglietevi
In voi: ben sapremo anco a questo prendere
Partito. Andate in casa, ed avvisate le
Donne: anzi, sarà meglio far che chiudano
Usci e finestre, e che stian nella camera
Chete; e che voi dichiate ch’elle dormono,
Chè sta notte han vegliato. Che può nuocere
Aver tempo a pensar, prima che visto le