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472 | la scolastica. |
Mi foss’io vôlto, che non sarei[1] ai termini
Ov’io mi trovo con tanto pericolo!
Chè mi par tuttavía che messer Lazzaro,
La moglie e la figliuola vegga a giongere.
Io mi vi raccomando.
Bonifacio. Avete dubbio
Che noi v’abbandoniam, messer Eurialo?
Eurialo.Per bontà e cortesia vostra, ajutatemi;
Che in più travaglio, in più affanno, in più angustia
Mi trovo, in che mai si trovasse misero.
Bonifacio.Io non vi mancarò; fate buon animo.
Eurialo.Levatelo di casa un poco, e ditegli
Che vi bisogna in piazza la sua opera.
Bonifacio.E di che opra ho bisogno io?
Eurialo. Fingetela:
Che qualche vostra causa ai segretarii
O al podestà raccomandi.
Bonifacio. Io non litigo.
Eurialo.Di qualche amico vostro immaginatevi
Qualche faccenda.
Bonifacio. Ed anco senza môverlo
Di casa, o che le donne di qua passino,
Ben serà luogo ove quest’altre alloggino
Con lor comoditade, senza strepito.
Eurialo.Come! Volete voi che messer Lazzaro
Con le sue venga, e che quest’altre femmine
Ci trovi in casa?
Bonifacio. Non cotesto: statemi
Un poco a udir. Mandate innanzi Accursio
Al porto, che vi stia tanto che giungano,
E gli raccoglia allegramente, e menili
Qui in casa mia. Io sarò qui a riceverli,
E voi meco; e diremo ch’io sia Bartolo.
Eurialo.Che voi siate mio padre?
Bonifacio. Sì; e confannosi
L’etadi, chè serà ben verisimile.
Io so che vostro padre e messer Lazzaro
Non si son mai veduti, e sol per lettere
E relazione vostra si conoscono:
Sì che, alloggiarli meco, e far lor credere
Che con Bartolo alloggin, serà facile.
- ↑ G. A.: «non saria.»