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Che deve aver spiato[1] di noi misere
Quello che siamo; perchè mai non mancano
Chi i fatti d’altri più che i propri curano,
E non pônno tacer cosa che sappiano.
Di ciò mi nacque spavento grandissimo:
Pur io volli aspettar messer Eurialo,
Che statüisse quel che a fare avéamo;
E poco stette che venne, ma pallido
In viso, come è pallida la cenere.
Io me gli affronto súbito, e ricercolo
Che voglia far di noi, e fogli intendere
Quel c’ho veduto del misero Accursio.
Ei mi risponde come fusse stupido
Divenuto, e più morto assai pareami
Che i morti stessi.[2] Pel che fo giudicio[3]
Che mal sicure sotto il patrocinio
Suo ci[4] troviamo. Però mi delibero
Di provveder a’ casi miei, lasciando la
Mal consigliata Ippolita in custodia
A Dio, e a quel sol raccomandandola;
Non già al suo amante, c’ha maggior penuria
D’ajuto e di consiglio, che noi femmine.
E[5] ben credo aver fatto, già che toltami
Son fuor di casa; perchè molto dubito,
Che se queill’uom tornava, essendo in collera,
Possibil non saría stato il difendermi,
Che con male parole ingiurïatami
Non avesse, e ruffiana e peggio dettomi.
E se parole sole state fussero,


  1. La comune delle stampe: Che così il vecchio della casa chiamano, Qual deve aver saputo ec. Ma bella, a dir vero, è la variante offertaci da G. A. «Così il vecchio messer di casa chiamano ec.»
  2. In grazia del metro, si fa qui luogo all’emendazione di Gabriele, avendo l’autografo: «Divenuto, e più morto parea a vederlo Che i stessi morti.»
  3. G. A., ec.: «Onde feci giudizio.»
  4. L’autografo: «si.»
  5. Del nostro preferire, nei seguenti dieci versi, la lezione di Gabriele e delle stampe, renderà buona ragione questa, in più luoghi e in più modi certo difettosa, che riportiamo fedelmente dall’autografo: «Così nascostamente uscitamene Sono di casa, perchè molto dubito, Che se quell’uom torna essendo in colera, Non mi saria possibil a diffendere, Che con male parole ei non m’ingiurii, Della ruffiana per lo capo parlomi Udir darami, ma di questo curomi Poco, le busse peggio fian c’udirannosi Per tutta questa vicinanza. Domine.»
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