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492 la scolastica.
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Pur ov’io voglia? Non si giostra o corresi
In piazza alla quintana; non bagordasi;
Non[1] si fa procession del Corpus Domini;
Non è il venerdì santo che si predichi;
Manco in palazzo ancor si fa giustizia,
Che sian così le strade vôte d’uomini.
O che allegrezza e gaudio inestimabile!
E ch’io non abbia alcun con chi ’l comunichi?
Io vengo dalle braccia di Flaminia
Mia. O fortuna benigna e piacevole!
Veronese.(Sono deliberata d’offerirmigli.)
Claudio.Ma perchè non riscontro il caro Eurialo,
A cui mi chiami in colpa del mal animo
C’ho avuto, e narri questa mia letizia?
Ma chi vedo io venir verso me? paremi
La Veronese.
Veronese.                    O caro messer Claudio,
Vi dia Dio ogni ben: pur ho trovatovi.
Claudio.Veronese, sei qui?
Veronese.                              Sono a’ servizii
Vostri, come son stata del continovo.
Claudio.Tu[2] sii la ben venuta. Che accadutomi
Sia tu non sai?
Veronese.                         No, ma ben io mi dubito
Che non sia qualche mal.
Claudio.                                        D’infelicissimo
Stato, nel qual poco anzi ritrovavomi,
Son pervenuto a stato felicissimo.
Veronese.Avvenuto è a me misera il contrario.
Ma andiamo a casa vostra, chè più comoda-
mente ragioneremo.
Claudio.                                  No, no: ascoltami.
Per novelle ch’io aveva d’una pessima
Sorte de’ fatti della mia Flaminia,[3]


  1. Dei ventotto versi, che con questo cominciano, e finiscono colle parole Umano abbandonar, l’autografo ne ha forse soli ventiquattro, e con trasposizioni di risposte e di sentimenti, le quali essendo state per altri riparate, non accade qui metter di nuovo sotto gli occhi dei lettori, sebbene dessero già causa al disordine che può notarsi nelle antiche edizioni.
  2. Nei seguenti due versi e mezzo ha l’autografo: «Tu sei qui, Veronese? Che accadutomi Sia tu non sai forsi? Ver. Quel ch’io dubito Che mi accada tra noi.»
  3. L’autografo, non senza difetto di sillabe: «Sorte che fur date di Flaminia»
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