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506 | la scolastica. |
Più forte ancor: la contessa avéa animo,
Se non faceva questo error la misera,
Mandar in questa terra agente idoneo,
Che le facesse tutto il patrimonio
Suo rïaver; e n’ha da me consiglio
In scriptis, che ben sa come chiamavasi
Il padre, il qual morissi[1] alli servizii
Del duca di Milano.
Bartolo. Nominòllovi?
Lazzaro.Nominòllomi; e credo ricordarlomi.
Se vi pensarò alquanto.
Bartolo. (Par che l’animo
Mi tiri a indovinar.)
Lazzaro. Polito... Mentomi[2]
Per la gola: Polito non dicevasi;
Nè anco Galante: Gentil nominavasi,
Gentil; quasi m’era ito di memoria.
Bartolo.(Pon mente ch’avrò fatto buon giudicio!)
Morto che fu Gentil, venne la giovane
In mano alla contessa così subito?
Lazzaro.Vi fosse ella venuta, a benefizio
Suo, chè meglio i suoi fatti passaríano!
Non la conobbe mai se non a Napoli,
Onde la tolse prima al suo servizio:
Quivi la madre la condusse picciola.
Ma non so molto ben dir questa istoria.
Dovría pur qui apparir[3] un che ’l principio
Sa di tutta la cosa sino all’ultimo;
E appunto è quello istesso che, con lettere
Di favor, ha seguito queste femmine:
Dicesi il Riccio.
Bartolo. (Ogni cosa ci seguita.
Non fu questo il ragazzo del mio sozio
Gentil? Io l’ho per chiara.) Raccordatevi
Il nome della giovane?
Lazzaro. Ricordolo;
Ippolita era.
Bartolo. La cosa è chiarissima.