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538 lettere.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:548|3|0]]a mostrare le ragion mie; m’hanno messo altra voglia che di pensare a favole. Pur non resta per questo ch’io non segua, facendo spesso qualche cosetta. S’io seguiterò, non mi uscirà di mente di fare il debito mio; e tanto meglio che non ho fatto pel passato, quanto questo debito da quel tempo in qua è cresciuto in infinito. Messer Mario, siate certo ch’io son vostro, prima per inclinazione naturale, già è molto tempo; poi per vostri meriti verso di me. A voi mi raccomando, e pregovi che alcuna volta vi degnate di ridurre alla signora marchesana in memoria che io le sono deditissimo servitore. Al magnifico Calandra vi degnerete anco di raccomandarmi.

          Ferrara, 15[1] ottobre 1519.

Vostro,          

Ludovico Ariosto.


Fuori — Magn. ac Doctissimo Viro Dom. Mario Equicolæ,
     mihi amicissimo. Mantuæ.


VIII.[2]

A papa Leone X.


          Beatissime Pater.

Avendomi Galasso mio fratello a’ dì passati fatto intendere che Vostra Santità avería piacere ch’io le mandassi una mia commedia[3] ch’io avéa tra le mani; io, che già molti giorni l’avevo messa da parte quasi con animo di non finirla più, perchè veramente non mi succedéa secondo il desiderio mio, son stato alquanto in dubio, s’io mi dovea scusare di non l’avere finita, e che per recitarla questo carnevale mi restava poco tempo di finirla (e questo pel timore del giudizio di questi uomini dotti di Roma, e, più degli altri, di quello di Vostra Santità, che molto ben si conoscerà dove ella pecca, e non mi sarà admessa la escusa d’averla fatta in fretta), o se pure io la dovéa finire al meglio ch’io potéa, e mandarla, e far buono animo, e conto che quello che conoscevo io, nessun altro avesse a conoscere. Finalmente, paren-



  1. Nella stampa del Braghirolli questa lettera porta la data del dì 19.
  2. Stampata dal Barotti, l. c, pag.389; e dal Baruffaldi, l. c, pag. 279.
  3. Intendasi la Commedia intitolata Il Negromante, com’è ben chiaro pel primo prologo della medesima. Dalla lettera XXVI apparisce che la recita che desideravasi di farne in Roma, non ebbe altrimenti effetto.
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