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XIV.[1]
Al Medesimo.
Magnifico messer Giovanfrancesco mio onorando.
Io ho fatto vedere il decreto vostro al magnifico messer Buonaventura,[2] il quale mi dice, che non è bisognato nè bisogna farlo confermare altrimente, perchè così è valido, e che ve ne sono assai altri simili, che sono buoni e validi. Pur oggi n’ho parlato col magnifico messer Guido, il quale mi ha detto di volerlo vedere ancora lui, e così glie lo mostrerò: il quale messer Guido ho pur trovato disposto più che mai. Appresso ho parlato ancora con messer Bonaventura di questa nostra pratica; al quale è piacciuta assai, e mi ha promesso, come madonna Simona sia tornata da Modona, dove è andata per lo parto che si aspetta della figliuola, di parlarne con lei: il che facendo (come farà), ed essendo persona che può molto disporre di essa, credo che non bisognerà per questo dare fatica a frate Gasparo di tornare in questa terra. Quando ella sarà venuta, e di quello che si sarà fatto, vi darò avviso.
Madonna Alessandra si raccomanda a V. S., e dice d’aver avuto uno scudo, e li paréa d’avervene avvisato, quando mi fe scrivere che quelli dui drappeselli aveva avuto per uno scudo. Ha poi avuto per il cancelliere delli Furgosi cinquanta bolognini, e per il velo della Madonna (che poi non vi parse che si comprasse) aveva anco avuto trenta bolognini; li quali tutti insieme, senza lo scudo, fanno lire quattro: ma li primi drappeselli costaro tre lire e mezza tutti dui; sicchè vi resta debitrice di dieci bolognini: li quali, quando vi accaderà di volere altro in questa terra, vi saranno menati buoni. Pur ci avvisa che così come ogni dì cresce in questa terra il prezzo dell’altre cose, anche questi Giudei vanno crescendo quello delli suoi lavori. S’ella non vi avvisò il prezzo delli primi drappeselli, dice che non restate per questo di comandarle ed adoperarla; che non era tanta somma che si avesse a gravare, se ben voi non le aveste mandati i danari: e che
- ↑ Pubblicata dal Barotti, l. c, pag. 397.
- ↑ Il segretario ducale Bonavveatura, al quale è diretta la Satira VI. «Tito Strozzi, che gli fu suocero, indirizzò al medesimo il quarto de’ suoi Sermoni, e Celio Calcagnini diverse Lettere.» — (Barotti.)
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