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74 i suppositi.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:84|3|0]]perchè nella terra vostra, un tempo ch’io vi studiai, sono stato accarezzato e ben visto, io debitamente a tutt’i Sanesi sono affezionatissimo; e però, dove il danno e la vergogna tua vietar possa, non la comporterò per modo alcuno. Mi maraviglio che tu non sappi l’ingiuria che li tuoi Sanesi fecero alli dì passati a gli ambasciatori del duca di Ferrara, li quali dal re[1] di Napoli in qua se ne ritornavano.

Dulipo.     Che fola è questa che tu hai incominciata? che appartengono a me queste ciance!

Erostrato.     Non è favola, ti dico, ed è cosa che ti appartiene assai: odi pure.

Dulipo.     Segui.

Erostrato.     Io gli dico: — Questi ambasciatori avevano con loro parecchi polledri, ed alcuni carriaggi di selle e fornimenti da cavalli bellissimi, e sommacchi, profumi ed altre cose signorili e di gran prezzo, che tutto in dono il re Ferrante[2] a questo principe mandava; e come giunsero a Siena, gli furono alle gabelle ritenute: onde nè per patente, ch’egli avessero, nè per testimonî che producessero che le robe erano del duca, le potero mai espedire; fin che d’ogni minima cosa pagaro il dazio senza avere remissione d’un soldo, come se del più vile mercatante che sia al mondo fussero state.

Dulipo.     Può essere che questa cosa appartenga a me, ma non ci truovo capo nè via, perchè lo debba credere.

Erostrato.     Oh come sei impaziente! ma lasciami dire.

Dulipo.     Di’ pur tanto, quanto io ti ascoltarò.

Erostrato.     Io gli seguo: — Poi avendo il duca inteso questo, ne ha dopo fatto querela a quel senato, e per lettere e per uno suo cancelliero, che vi ha mandato a questo effetto; ed ha auta la più bestiale e la più insolente risposta, che si udisse[3] mai: e per questo di tanto sdegno ed odio si è contra tutti li Sanesi infiammato, che ha disposto spogliare per insino a la camicia quanti nel dominio suo capitaranno, e di qui con grandissima lor ignominia cacciarli.

Dulipo.     Onde sì gran bugía e sì súbita t’immaginasti, e a che effetto?


  1. Così legge il Barotti, che questa lezione dovè trarre alcerto da manoscritti più antichi di quelli ove leggasi: vicerè.
  2. Lezione egualmente del Barotti; avendo qui pure le altre: viceré. Non può con certezza inferirsene che l’Ariosto scrivesse questa Commedia fin dai giorni del re Ferdinando primo o secondo d’Aragona, ma che nel tempo delle repliche fattene fosse accaduta la mutazione di quel reame in provincia spagnuola.
  3. Ant. stamp.: vedesse.
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