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76 | i suppositi. |
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Dulipo. Assai bene: pure mi ci resta un scrupulo, che non mi piace.
Erostrato. Che scrupulo?
Dulipo. Che mi pare impossibile, che, stando qui e parlando con altri, presto non si avveda che tu l’abbi soiato.[1]
Erostrato. Come?
Dulipo. Chè facil gli fia, dissimulando ancora che sia sanese, chiarirsi che questo è tutto falso che tu gli hai detto.
Erostrato. Son certo che potrebbe accadere, s’io mi fermassi qui, nè ci facessi altra provisione; ma ben l’ho così accarezzato già, e così lo accarezzerò in casa, e farògli tanto onore, che securamente allargare mi potrò con lui, e narrarli come sta la cosa a punto. Sarebbe bene ingrato poi, se negasse di ajutarmi in questo, dove egli non ci ha se non a mettere parole.
Dulipo. Che vuoi tu che costui poi faccia?
Erostrato. Quello che farebbe Filogono se qui si ritrovasse, e fusse di questo parentado contento. Credo che mi sarà facil cosa disponerlo, che in nome di Filogono faccia instrumenti e contratti e tutte le obbligazioni che gli saprò dimandare. Che nocerà a lui obbligare il nome d’altri, non essendo egli per patire di questo un minimo detrimento?
Dulipo. Pur che succeda il disegno.
Erostrato. Non ci potremo di noi dolere almeno, che non abbiamo fatto quel tutto che sia possibile per ajutarci.
Dulipo. Orsù, ma dove l’hai tu lasciato?
Erostrato. Io l’ho fatto smontare fuora del borgo, a l'ostaria de la Corona; perchè in casa, come sai, non ho fieno ne paglia, nè stanza da alloggiar cavalli.
Dulipo. Perchè non l’hai ora menato in tua compagnia?
Erostrato. Prima ho voluto parlar teco, ed avvisarti del tutto.
Dulipo. Non hai mal fatto; ma non tardare; va, e menalo a casa, e non guardare a spesa per farli onore.
Erostrato. Adesso vado. Ma per mia fè, ch’egli è questo che viene in qua.
Dulipo. È questo? io lo voglio aspettar qui, per vedere s’egli ha viso di quel ch’egli è.
- ↑ Beffato col mostrargli amore e particolare sollecitudine. Vedi ancora la scena seguente.