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DEL BECCARIA | xliii |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu{{padleft:49|3|0]]le circostanze si cambieranno, e che questo ritardo mi porrà in istato d’essere maggiormente degno della vostra società[1].” Di fatto, essendo egli ritornato nella casa del padre dalla quale era uscito, come sopra accennammo, risolvette d’intraprendere il viaggio per la capitale della Francia, onde ammirare quella bella città e conoscere di presenza gli illustri suoi encomiatori. Siccome il conte Verri era stato in quel tempo nominato consigliere di commercio, non poteva abbandonare il suo posto. In vece sua venne trascelto a servir di compagno al Beccaria il cav. Alessandro, le cui produzioni giovanili, inserite nel Caffè, eransi procacciata la stima dei filosofi parigini. Rincresceva per verità al Beccaria l’abbandonare la patria, o per quell’inerzia che abitualmente lo dominava, o per essere grandemente affezionato a una sposa ch’egli aveasi presa per solo genio. Con tutto ciò partì da Milano in compagnia dell’amico il giorno 2 ottobre dell’anno 1766[2]. Non era però discosto se non trenta miglia da Milano, ch’egli di già così scriveva al conte Verri: io oscillo continuamente dall’allegria all’ipocondria. La tristezza erasi di fatto impadronita di lui fino dal primo giorno nel quale avea incominciato