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Rime 129

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  Mago né negromante né indovino,
  Tartaro né giudeo né saracino,
  Né povertà né doglia, ond’io son pieno,
Poteron mai del mio pecto cacciare
  Questo rabbioso spirito d’amore,10
  Ch’a poco a poco alla morte mi tira.
  Ond’io non so che mi debba sperare;
  Et ei d’ogn’altro affar mi caccia fuore,
  Et, come vuol, m’affligge et mi martira.


LXXXVII.

S’amor, li cui costumi già molt’anni
  Con sospir infiniti provat’ài,
  T’è or più grave che l’usato assai,
  Perché, seguendol, te medesmo inganni,
  Credendo trovar pace, tra gli affanni?5
  Perché da lui non ti scavresti omai?
  Perché nol fugi? et forse anchor avrai,
  Libero, alcun riposo de’ tua danni.
Non si racquista il tempo che si perde
  Per perder tempo, né mai lagrimare15
  Per lagrimar restette, com’huom vede.
  Bastiti ch’ad Amor il tempo verde,
  Misero, desti[1], et ora, ch’a imbiancare
  Cominci, di te stesso abbi mercede.


LXXXVIII.

Griphon lupi leon biscie et serpenti,
  Draghi leopardi tigri orsi et cinghiari,


  1. Cfr. LXXXIV, 9-11, e la mia nota.
9. — Classici italiani, N. 1.

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