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Rime | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu{{padleft:169|3|0]]
Drieto all’orme di quella, il cui bel velo[1]
Cenere è facto, et ella è facta dea.
Quivi sì vaga et lieta la vedea,5
Ch’arder mi parve di più caldo gielo[2]
Ch’io non solea, et dileguarsi il gelo
Ch’in pianto doloroso mi tenea.
Et, guardando, l’angelica figura
La man distese, come se volesse10
Prender la mia; et io mi risvegliai.
O quanta fu la mia disaventura!
Chi sa, se ella allor preso m’avesse,
Et s’io quaggiù più ritornava mai?
C.
Se la fiamma degli occhi, ch’or son sancti[3],
Et che per me fur dardi et poi catene,
Mortificasse alquanto le mia pene
Et rasciugasse e grevi et lunghi pianti,
Io udirei quelli angelici canti,5
Ch’ode chi vede il sommo et vero bene[4],
Né vagando anderei drieto alla spene[5],
Ch’in questa vita molti ne fa erranti.
Ma essa, eterna, le cose mortali
Disdegna, et ride del pensier fallace,10
Che mi sospinge dov’ognor più ardo;