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40 Giovanni Boccacci

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Pigliati furon, rimutando in duoli
  Li lor diletti; e altri a quel romore
  Se ne fuggiron con non lenti voli.
Ma Mitola Caracciola uno astore
  Portava in mano, ardito nello aspecto,20
  Di più vol ch’altro e di maggior valore;
E giva andando sopra il ruscelletto,
  E Zizzola d’Alagna era con lei,
  Un naccaro sonando con dilecto.
E mentre che sonando gía costei,25
  Usciron più malardi di quelle acque,
  Forte fuggendo davanti da llei:
Per che lasciar l’astore allor le piacque,
  Il qual, montando, uno ne ferio,
  Sì che in su l’erba morendo si giacque;30
E sanza tardar punto risalio,
  Mentre se ne scendeva giù calando,
  Infino[1] in terra con un altro gío.
Mitola, andando dietro a quel gridando,
  E Zizzola con lei, l’astor riprese,35
  Co’ due malardi al fiume ritornando.
Covella d’Anna i suo’ passi distese
  Di dietro a uno struzzo, che fuggendo
  Gía per lo piano, temendo l’offese.
Ma nol poteva tanto andar seguendo,40
  Ched e’ più non fuggisse, e spesse volte
  Si rivoltava con l’ali battendo.
Il molto correre e le frasche folte
  Avevano a Covella tutti i panni
  Quali stracciati e quali a sé ravvolte;45


  1. «Finché.»
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