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42 la cena delle ceneri

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bruno - Cena de le ceneri.djvu{{padleft:56|3|0]]passammo tanto tempo, quanto arebbe bastato a bell’agio di condurne per terra al loco determinato, ed avere spedito ancora qualche piccolo negozio. Risposero al fine da lungi dui barcaroli, e pian pianino, come venissero ad appiccarsi, giunsero a la riva; dove dopo molte interrogazioni e risposte del donde, dove, e perchè, e come, e quando, approssimorno la proda a l'ultimo scalino del ponte. Ed ecco di dui, che v’erano, un, che pareva il nocchier antico del Tartareo regno, porse la mano al Nolano, ed un altro, che penso ch’era il figlio di quello, ben che fusse uomo di sessanta cinque anni in circa, accolse noi altri a presso, ed ecco che senza che qui fusse entrato un Ercole, un Enea, o ver un re di Sarza, Rodamonte[1],

.... Gemuit sub pondere cymba
Sutilis, et multam accepit limosa paludem.

Udendo questa musica il Nolano: piaccia a dio, disse, che questo non sii Caronte! Credo, che questa è quella barca chiamata l’emula de la lux perpetua: questa può sicuramente competere in antiquità con l’arca di Noè, e per mia fè, per certo par una delle reliquie del diluvio. Le parti di questa barca ti rispondevano, ovunque la toccassi, e per ogni minimo moto risuonavano per tutto. Or credo, disse il Nolano, non esser favola, che le muraglia, se ben mi ricordo, di Tebe erano vocali, e che tal volta cantavano a ragion di musica. Se nol credete, ascoltate gli accenti di questa barca, che ne sembra tanti pifferi con que’ fischi, che fanno udir le onde, quando entrano per

  1. Il testo: Redi sanza. Inettamente!
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