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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Leopardi - Donati).djvu{{padleft:210|3|0]]pezzo ne spese A parlar con Merlin, che le suase Rendersi tosto al suo Ruggier cortese». Anzi troverò fra la gente perduta anche il Bembo, capitato male per lo stesso misfatto; e che piú? fino al padre Dante, che non s’astenne dal participio «suaso». E quanto al peccato di questi due, vedi il Dizionario dell’Alberti.
CANZONE SETTIMA
ALLA PRIMAVERA
pag. 32.
- St. I, v. 5. Credano il petto inerme
- gli augelli al vento.
Se tu credi al Vocabolario della Crusca, non puoi «credere» cioè «fidare» altrui se non quel danaio che ti paresse di dare in prestito, voglio dire a usura, ché in altro modo è fuor di dubbio che non puoi, quando anche lo permetta il Vocabolario. Ma se credi agli ottimi scrittori latini e italiani, «crederai» cioè «fiderai» cosí la roba come la vita, l’onore e quante cose vorrai, non solamente alle persone, ma eziandio, se t’occorre, alle cose inanimate. Per ciò che spetta ai latini, domandane il Dizionario; o quello del Forcellini o quello del Gesner o di Roberto Stefano o del Calepino o del Mandosio o di chi ti pare. Per gl’italiani vaglia l’esempio seguente, ch’è dell’Alamanni[1]. «Tutto aver si convien, né men che quelli Ch’al tempestoso mar credon la vita». E quest’altro, ch’è del Poliziano[2]: Né si credeva «ancor la vita a’ venti». E questo, ch’è del Guarini[3]: «Dunque a l’amante l’onestá credesti?». Al che l’autore medesimo fa quest’annotazione[4]. «Ripiglia acutamente Nicandro la parola di ’credere’, ritorcendola in Amarilli con la forza d’un altro significato, che ottimamente gli serve; perciocché il verbo ’credere’ nel suo volgare e comunissimo sentimento significa ’dar fede’; e in questo l’usa Amarilli. Significa ancora ’confidare sopra la fede’, sí come l’usano molte volte i latini; e in questo l’usa