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epistola a giuseppe de blasiis | 219 |
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Fosco Appennino, e mendicar straniera
Libera tomba, a te, bella Zacinto,270
L’ossa darei. Questa speranza invano [1]
Sorrise a la fremente anima d’Ugo,
Che da le nebbie di Britannia antica275
Ai tuoi fiori anelava e ai tuoi vigneti[2]:
Difensor delle tombe egli, una tomba
Nel suol non ebbe, ove sortia la culla,
Nè sulla terra del suo lungo amore.280
E te, Zacinto, io non vedrò, nè mai
M’avrò l’amplesso del sovran poeta[3]
Che ancor le tue materne aure respira.
Perchè, s’anco il potessi estranei cieli285
Vedrei? Qui forse, nel cor mio, non porto
Perpetuo verno, o giovinetto? Cessa [4]
Dal lusingar, più che me stesso, il tuo
Spirto gentil, Che a ravvivarmi invoca290
Il sol di terra peregrina indarno.
Più non si vive che una volta al riso
De la gloria, degli estri e dell’amore;
Ed io passai. Quando eran mie la vita,
La gioventù, la speme, allor di meta295
Fallii. D’inni fea d’uopo in generosa
Bile temprati; e mi perdei frattanto