< Pagina:Canti (Sole).pdf
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

epistola a giuseppe de blasiis 219

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Sole).pdf{{padleft:276|3|0]]

     Fosco Appennino, e mendicar straniera
  Libera tomba, a te, bella Zacinto,270
  L’ossa darei. Questa speranza invano [1]
  Sorrise a la fremente anima d’Ugo,
  Che da le nebbie di Britannia antica275
  Ai tuoi fiori anelava e ai tuoi vigneti[2]:
  Difensor delle tombe egli, una tomba
  Nel suol non ebbe, ove sortia la culla,
  Nè sulla terra del suo lungo amore.280
  E te, Zacinto, io non vedrò, nè mai
  M’avrò l’amplesso del sovran poeta[3]
  Che ancor le tue materne aure respira.

Perchè, s’anco il potessi estranei cieli285
  Vedrei? Qui forse, nel cor mio, non porto
  Perpetuo verno, o giovinetto? Cessa [4]
  Dal lusingar, più che me stesso, il tuo
  Spirto gentil, Che a ravvivarmi invoca290
  Il sol di terra peregrina indarno.
  Più non si vive che una volta al riso
  De la gloria, degli estri e dell’amore;
  Ed io passai. Quando eran mie la vita,
  La gioventù, la speme, allor di meta295
  Fallii. D’inni fea d’uopo in generosa
  Bile temprati; e mi perdei frattanto

  1. U. Foscolo, nativo di Zante, divisava di passarvi gli ultimi suoi giorni.
  2. Le uve di Zante gareggiano con quelle di Corinto.
  3. Solomo, celebre vivente poeta Zantiotto.
  4. Il De B. non cessa di consigliare amorevolmente l’A. perchè cangi cielo.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.