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320 il carmelo

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     Fosti arena, o Carmelo! Una sublime135
  Riverenza d’allor ti avvolse, e quando
  Su le tue coste balenàr gli ardenti[1]
  Manipoli di Roma, e cercar regni
  Ne le auspicate viscere fumanti,
  Il sol, che chiuse il trionfal tuo giorno,140
  Solennemente s’addoppiò, sembiante
  A l’igneo carro, ch’ei guatò, cadendo,
  E venerò, quando venia da l’alto[2]
  Nero abisso di nubi, e d’esse in grembo
  Rotante asse di fuoco, abbandonato145
  A la corsa dei venti — Un Cherubino,
  Chiuso in duro adamante, erto reggea
  Tempestosa quadriga, a cui sul dorso,
  Come a torve comete, ivan piovendo
  Fiammeggianti criniere — il Ciel diviso150
  Un profondo mettea rumor di nembi:
  Lava di fuoco i mari, il sol parea
  Smorta favilla in quel fumante vano —
  Il santo veglio, abitator del monte,
  Abbarbagliato, le ginocchia e il fianco155
  Dette a la terra, e tramortì: nel cuore
  Latte etereo gli piovve, e un sonno il prese
  Di Paradiso! L’Angelo di Dio,
  Nubi e fuoco spezzando, aère e venti,
  Sul Giordano fè posa: ne le braccia160

  1. Tito Vespasiano andò a prendere auspici sul Carmelo intorno al suo Impero — Tacit. Is. 43.
  2. Qui alludesi al Profeta Elia, rapito sopra un carro di fuoco.
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