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348 | luigi la vista |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Canti (Sole).pdf{{padleft:405|3|0]]riti più eletti. Come amasse suo padre, si scorge dalle parole con cui gli dedicò alcuni scritti, i soli ch’egli desse alle stampe: «A mio padre, che a me ignaro delle carezze materne e delle domestiche gioie finora invano bramoso, faceva, con isquisita intelligenza del core, gustare gli amori ineffabili di madre di fratello di amico, questo primo frutto di studi dolorosamente diletti.»[1]
Co’ suoi cari estinti conversava anche più assiduamente che altri non faccia coi vivi che più ami. «A niuno dei miei più cari ho parlato tanto, e con niuno ho conversato tanto, quanto con mia madre estinta da tanti anni, e con una mia sorella morta quasi sul mio entrare nella vita. Parimenti m’immagino che dovranno fare con me quelli che resteranno a piangere ed annoiarsi dopo di me.»[2] Chi non sente qui quella «corrispondenza d’amorosi sensi», cantata dal Foscolo, e che diviene più vera e più santa che mai in un’anima come quella di Luigi La Vista?
Affetti parimente forti e divini furon quelli che sentì per i grandi scrittori, specialmente per i poeti e per gli storici. E ce n’è testimonio, autorevole sopra tutti, il De Sanctis: «Uscito dal campo de’ fantasmi, e del suo pensiero, l’anima desiosa innamoravasi delle grandi anime, e Courier, e Santarosa, e Pascal, e Salvator Rosa, e Manzoni, e Dante, e il Pe-