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[792-795] Libertà, servitù 255

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792.   (Villicus) Ne plus censeat sapere se, quam dominus.[1]

(M. Porcio Catone, De re rustica, cap. V, 3).

Finchè il soffio di libertà, che ha vivificato l’Europa civile, non ebbe rotto i ceppi secolari nei quali languivano sotto cieche e oppressive dominazioni le moltitudini popolari, queste vivevano come le dipingeva il poeta:

793.              Fidi all’infame gara
          Di chi più alacre a opprimere
          O chi ’l sia più a servir.

Così rampognava il Berchet gli italiani del suo tempo nella romanza Le Fantasie, p. V; ed il Manzoni, compiangendo la sorte degl’italiani dei secoli di mezzo (pur troppo non molto dissimile da quella delle età più tarde), che dalle contese dei diversi dominatori non traevano che lutti, rovine e accrescimento di servitù, così li ammonisce:

794.         Il forte si mesce col vinto nemico;
     Col novo signore rimane l’antico;
     L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.

(Adelchi, coro dell’atto III).

Oggi i tempi sono, senza dubbio, mutati: le nuove idee fanno il loro cammino, ed ogni giorno:

795.         A battesimo suoni o a funerale.
     Muore un Brigante e nasce un Liberale.

(Giusti, Il Delenda Cartago, str. 2).

Più rettamente si leggeva in alcune vecchie edizioni:

Muore un codino e nasce un liberale.

Ma anche prima che l’alba del risorgimento politico sorgesse per l’Italia, in questa si ira risvegliata la coscienza di un popolo degno di altri destini; già alla line del Settecento l’Alfieri po-


  1. 792.   Il villano non pensi di saperla più lunga del padrone.
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