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[1131-1134] Parlare, tacere 371

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— Statemi ad ascoltare e parlate sincero. —

Cui Batocio fra sè ribatteva:

— Come gogio da far mo mi, a ascoltar e parlar tuto in una volta? —

Un’altra, della medesima conia, è questa amenissima riflessione di uno scimunito:

1131.   .... Il modo più bello, secondo il mio parere,
Di serbare il silenzio, è quello di tacere.

ed il parere era, come sappiamo, quello del Marchese Colombi (P. Ferrari, La Satira e Parini, a. V, sc. 6).

In Virgilio (Eneide, lib. X, v. 63-64) troviamo l’apostrofe di chi a malincuore è tratto dal suo silenzio:

1132.   .... Quid me alta silentia cogis
Rumpere?[1]

e un’altra frase, ancor più celebre, che descrive il silenzio di una moltitudine che pende dalla bocca di chi sta per parlare:

1133.   Conticuere omnes, intentique ora tenebant.[2]

(Eneide, lib. II. v. 1).

ed in un altro poeta, non meno grande, le terribili parole, le ultime che dice Amleto:

1134.   The rest is silence.[3]

(Shakespeare, Hamlet, a. V. sc. 2).

  1. 1132.   Perchè mi obblighi a rompere il mio profondo silenzio?
  2. 1133.   Tutti si tacquero, e intenti tenevano i volti.
  3. 1134.   Il resto è silenzio.
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