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598 Chi l'ha detto? [1800-1804]

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Sul medesimo argomento abbiamo il giudizio ciceroniano:

1800.   Est (enim) proprium stultitiæ, aliorum vitia cernere, oblivisci suorum.[1]

(Cicerone, Tuscul. quaest., lib. III, § 30).
eppure nessuno può dirsene immune. Citammo già al n. 209 le parole di Terenzio: Homo sum, humant nihil a me alienum puto, che qui nella loro accettazione volgare cadrebbero così bene a proposito, e aggiungerò ora questi versi di Orazio:

1801.   Nam vitiis nemo sine nascitur; optimus ille est
Qui minimis urgetur.[2]

(Satire, lib. I, sat. 3, v. 68-69).
per cui.... chi è senza peccato, getti la prima pietra (cfr. n. 175) ma più savio sarai se ti asterrai dal giudicare troppo severamente gli altri per non essere alla tua volta giudicato:

1802.   Nolite judicare, ut non judicemini.[3]

(Evang. di S. Matteo, cap. VII, v. 1).
C’è pure una sentenza che ammonisce di evitare ogni esagerazione nel fuggire un vizio per non cadere nell'eccesso contrario, ed è espressa nel verso di Orazio:

1803.   Dum vitant stulti vitia, in contraria currunt.[4]

(Satire, lib. I, sat. 2, v. 24).

Un altro poeta classico ci mostra il vizio trionfante che grazie alla audacia e alla ipocrisia si ammanta di virtù, nel verso, troppo pessimista,

1804.   ....Prosperum ac felix scelus
     Virtus vocatur.[5]

(Seneca il tragico, Hercules furens, a. II, v. 251-252).
  1. 1800.   È da stolti il vedere i vizî altrui e dimenticare i propri.
  2. 1801.   Perchè nessuno nasce senza vizî, e ottimo è colui che è travagliato dai più leggeri.
  3. 1802.   Non giudicate per non essere giudicati.
  4. 1803.   Gli stolti, mentre fuggono un vizio, cadono nel contrario.
  5. 1804.   La scelleratezza prospera e felice prende il nome di virtù.
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