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[191-196] | Buona e mala fama. Onori e lodi | 51 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chi l'ha detto.djvu{{padleft:83|3|0]]Questa è dunque la via sicura di eternare il proprio nome:
191. Sic itur ad astra.[1]
(cfr. Seneca, Epist. 41, 11 e 73, 15); ma chi vuole sia resa giustizia a sè e al suo lavoro, non l’aspetti, in generale, sè vivente: invece
192. ....A’ generosi
Giusta di glorie dispensiera è morte
benché non sempre giusta, poiché talora le ire e le invidie dei contemporanei durano oltre il sepolcro, e
193. ....Obblio
Preme chi troppo all’età propria increbbe.
Nè si confonda la gloria con la popolarità, sì facile ad acquistarsi da chi lusinga le passioni o i gusti della maggioranza:
194. La popularité, c’est la gloire en gros sous.[2]
Pensava giustamente Axel di Oxenstierna, il più illustre uomo di Stato che vanti la Svezia, che
195. Melius est clarum fieri quam nasci.[3]
ed all’incontro la eternità dell’infamia che resta a punizione dei vizi dei grandi, è mirabilmente espressa in quei versi dell’abate Delille nel Dithyrambe sur l’immortalité de l’âme, scritto, come è noto, per desiderio di Robespierre:
196. (Lâches oppresseurs de la Terre,) Tremblez, vous êtes immortels,[4]