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120 | capitolo vi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:148|3|0]]mere la patria dalla servitù, a rifarsi degni dei loro maggiori, è così forte e sincero, che gli fa dimenticare le infermità del suo corpo e gridare all’Italia:
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl’italici petti il sangue mio.
Finora tutte le poesie del nostro erano state pure esercitazioni letterarie, o sfoghi delle sue malinconie e delle sue smanie amorose. Come si spiega questo scoppio improvviso e violento del sentimento patriotico? «Un poeta, scrive il Carducci, potrebbe immaginare che la madre Italia fosse di celato entrata a quei giorni nel palazzo di Recanati e abbracciato il povero gobbino e baciatolo in fronte gli avesse detto: Sii grande nel mio nome e nel mio amore. Non l’Italia, ma qualcuno era stato a quei giorni in casa Leopardi: un brav’uomo e dotto ed eloquente.... Pietro Giordani.... Ecco: io non dico che suggerisse egli o ispirasse la canzone all’Italia: dico che quella canzone fu composta dopo subito partito il Giordani.»[1]
Il patriotismo di Giacomo, per quanto forte e sincero, non aveva ancora, com’è naturale sul cominciare, trovato la via di dimostrarsi in qualche opera letteraria. Probabilmente bastò una parola dell’amico, gittata là senza nessuna intenzione determinata, a suscitargli nell’animo un tumulto di pensieri, che si concentrarono poi nel pensiero doUa canzone, anzi delle canzoni.
Partito appena il Giordani, e rimasto il poeta nella dolorosa sua solitudine, quel pensiero lo occupò talmente, ch’egli gittò subito in carta un abbozzo in prosa della canzone. L’abbozzo, che si conserva an-
- ↑ Carducci, Degli spiriti e delle forme nella poesia di Giacomo Leopardi, pag. 131