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122 | capitolo vi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:150|3|0]]tenti, muoiono tutti. Così, così, Evviva evviva. Beatissimi voi, non tempo ec. non invidia oscurerà la vostra fama. Allora Simonide prendea la lira. Qui si può fingere il canto di Simonide ma passando alle parole sue di colpo come Virgilio citato dal Monti nel settimo dell'Eneide. Così cantava Simonide. Oh potess’io cantare egualmente per gl’Italiani. Oh come mi arderebbe il cuore ec. — Che la miseria vostra colpa del fato fu non colpa vostra. — Nata l’Italia a vincer tutte le genti così nella felicità come nella miseria. — Oh come sono sparite le sue glorie ec. in tuono solenne. — Tutte piangiamo insieme, itale genti, Poi che n’ha dato il cielo. Dopo il tempo sereno. Tempo d’aifanno e d’amarezza (tristezza) pieno. Questo può servire per la chiusa. E stato meglio per voi morire comunque, poich’eravate servi ed era serva la patria vostra.»[1]
All’abbozzo della canzone all’Italia seguita nel manoscritto autografo l’abbozzo, ma più breve assai, della canzone pel monumento di Dante; seguita senza nessun titolo a so, e senza nessun segno dal quale apparisca che le due canzoni dovevano fin dall’origine avere un argomento diverso; tanto che non ò strana la supposizione che nella prima idea del poeta anche la seconda canzone fosso indirizzata all’Italia. Essa comincia nell’abbozzo così: «Perchè la pace ec. Italia, ti rivolgi ai tuoi maggiori, mira ec, vergognati una volta ec. Onorato italiani i vostri maggiori, poichò nessun presente lo merita.» Seguita esaltando coloro che promossero il monumento a Danto, non perchè ciò onori lui, che non ha bisogno di monumenti, ma perchò gl’Italiani si destino. E qui entra a parlare delle sciagure d’Italia, dello strazio fatto di lei dai Francesi: spogliata de’ marmi e delle tele ec. trattati come pecore vili da’ galli, itali noi.
- ↑ Dalle carte napoletano in corso di stampa.