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i genitori. | 13 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:41|3|0]]stro assai spesso.... Marianna mia, non se ne può più affatto affatto. Io vorrei che tu potessi stare un giorno solo in casa mia, per prendere un’idea del come si possa vivere senza vita, senza anima, senza corpo.»[1] Intorno alla madre abbiamo un documento assai più terribile; il ritratto di lei fatto da Giacomo stesso, il figliuolo. «Io ho conosciuto intimamente, scrive egli, una madre di famiglia che non era punto superstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella credenza cristiana e negli esercizi della religione. Questa non solamente non compiangeva quei genitori che perdevano i loro figli bambini, ma gl’invidiava intimamente e sinceramente, perchè questi erano volati al paradiso senza pericoli e avean liberato i genitori dall’ incomodo di mantenerli. Trovandosi più volte in pericolo di perdere i suoi figli nella stessa età, non pregava Dio che li facesse morire, perchè la religione non lo permette, ma gioiva cordialmente; e vedendo piangere o affliggersi il marito si rannicchiava in sé stessa e provava un sensibile dispetto. Era esattissima negli uffizi che rendeva a quei poveri malati, ma nel fondo dell’anima desiderava che fossero inutili, ed arrivò a confessare che il solo timore che provava nell’interrogare e consultare i medici era di sentirne opinioni o ragguagli di miglioramento. Vedendo ne’ malati qualche segno di morte vicina, sentiva una gioia profonda, che si sforzava di dissimulare solamente con quelli che la condannavano; e il giorno della loro morte, se accadeva, era per lei un giorno allegro ed ameno, né sapeva comprendere come il marito fosse sì poco savio da attristarsene. Considerava la bellezza come una vera disgrazia, e vedendo i suoi figli brutti o deformi, ne ringraziava Dio, non per eroismo, ma di tutta voglia. Non procurava in nessun modo di aiutarli a nascondere i loro difetti,
- ↑ Paolina Leopardi, Lettere, pag. 53.