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40 | capitolo ii. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:70|3|0]]Teodoto, confidente del re, ed Achilia, confidente di Teodoto, ben sapendo ch’esso il re avrebbe preso le parti di Pompeo, si accordano in segreto di ucciderlo a tradimento appena arrivi, per placare Cesare che lo inseguiva e per sottrarre all’ira di lui la città di Alessandria. Teodoto si prova inutilmente a dissuadere il re dal prendere le parti di Pompeo; il re non gli dà ascolto, accoglie onorevolmente il fuggitivo, pone a disposizione di lui la sua spada e i suoi soldati; ma mentre si prepara alla battaglia, i congiurati uccidono a tradimento Pompeo, e ne danno notizia a Cesare, che arriva in quel punto, e si mostra dolente della uccisione di lui.
La tragedia è tutta qui; cioè, come si vede, la tragedia non c’è, perchè manca il contrasto dei caratteri e il cozzo delle passioni, che dovrebbero produrla. I discorsi dei personaggi filano lisci lisci e scoloriti, senza produrre nessun movimento e preparare e spiegare l’azione. Il solo personaggio, nelle cui parole è qualche cosa di vivo e di caldo, è il giovine e generoso re Tolomeo, nel quale, come già osservò l’Avoli, che primo pubblicò la tragedia[1], il piccolo poeta trasfuse qualche cosa del suo nobile cuore.
Ma è notevole in questo lavoro così giovanile la franchezza della verseggiatura o una certa padronanza del linguaggio poetico, che l’autore non aveva certo, imparato dal padre suo.
Nel giugno del 1813 Giacomo comimiò da sè, senza maestro, lo studio della lingua greca, è vi fece così rapidi progressi che dopo quattro mesi scrisse
- ↑ Pompeo in Egitto, tragedia inedita di Giacomo Leopardi, pubblicata per cura di Alessandro Avoli; Roma, Tipografia A. Bofani, 1884. Vedi ivi., pag. 8.