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studi giovanili | 65 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu{{padleft:93|3|0]]Giacomo promise subito, e dopo qualche tempo mandò un articolo sul Salterio ebraico, tradotto in italiano dall’abate Giuseppe Venturi. L’articolo fu pubblicato, senza nome d’autore, nei quaderni 63 e 64 (31 ottobre, 15 novembre 1816) del tomo VII del periodico, con in fine le iniziali M. D. Se Giacomo mandasse altre riviste letterarie allo Spettatore non è accertato;[1] ma vi pubblicò la maggior parte degli scritti letterarii da lui composti fra la fine del 1815 e tutto il 1817.
Il primo lavoro suo che comparve nel periodico, anche prima dell’ articolo sul Salterio, fu la traduzione del primo libro dell‘Odissea, pubblicata nei quaderni 55 e 56 (30 giugno e 15 luglio 1816) del tomo VI. Poi di seguito, negli altri quaderni di quell’anno e in quelli dell’anno successivo, comparvero il Discorso su Mosco e la traduzione degli idilli, il Discorso su la Batracomiomachia e la versione di essa, il Discorso su la Fama di Orazio, l‘Inno a Nettuno e le traduzioni della Torta e la Titanomachia.
Le traduzioni poetiche fatte dal Leopardi nel così detto periodo della sua conversione sono migliori delle sue traduzioni in prosa, e delle prose e poesie originali: non ci si sente, come in quelle, l’affettazione e lo stento; c’è anzi, nella fedeltà, una certa scioltezza di fraseggiare e di verseggiare. Lo Stella, ch’era in continua relazione epistolare con Giacomo, gli andava scrivendo, fin dalla pubblicazione del saggio dell‘Odissea, che le sue traduzioni piacevano. Ciò che non tolse che nel quaderno 59 dello stesso anno 1816
- ↑ Clemente Benedettucci ristampa nelle sue Spigolature leopardiane (Recanati, Simboli, 1885) una rivista sulle Eroidi d’Ovidio, tradotte dal Fernandez, pubblicata nel quaderno III del tomo VIII (1° giugno 1817) dello Spettatore, attribuendola dubbiamente al Leopardi; ma noi crediamo col Mestica che non sia di lui. Vedi Mestica, Discorso proemiale agli Scritti letterari del Leopardi, vol. I, pag. XXIX.