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Capitolo IV.


LE PRIME RELAZIONI CON PIETRO GIORDANI.


1816-1817.

Sommario: Paura di dover morire presto. — L'idillio Le rimembranze. — La cantica L'appressamento della morte. — Pubblicazione del secondo libro dell‘Eneide tradotto. — Prime lettere del Giordani al Leopardi. — Ragioni di simpatia fra loro. — Carattere del Giordani e cenni della sua vita. — Importanza dell'amicizia del Giordani nella vita del Leopardi. — Loro corrispondenza epistolare. — Il Leopardi manda al Giordani la cantica. — Paure del Giordani per la salute dell'amico e raccomandazioni che pensi a stare allegro e invigorirsi. — Influenza del Giordani sul Leopardi. — Impossibilità del Leopardi di seguire i consigli del Giordani. — «Dio mi scampi dalle prelature.» — L‘'Inno a Nettuno. — I Sonetti in persona di Ser Pecora. — Crisi terribile e sfoghi col Giordani. — Desiderio di vedere il mondo.

Sappiamo che negli anni 1814 e 1815 Giacomo godè per alcuni mesi ad intervalli quella che chiamò la sua somma felicità; e sappiamo anche che al termine di quel tempo era irreparabilmente avvenuta la rovina del suo gracile corpo; alla quale egli, quietamente occupato negli studi, non aveva fatto attenzione, o almeno non aveva dato grande importanza.

Ma ad un tratto, fra la fine del 1815 e il cominciare del 1816, ebbe la visiono terribile della sua miseria, o gli entrò nell’anima la paura, anzi la forma credenza, di dover morire alla più lunga fra due o tre anni.[1]

Era tornato di recente agli studi letterari; e volle, in questa disposiziono d’animo, tentare la poesia. La familiarità presa con Mosco, o forse la lettura degli

  1. Epistolario di Giacomo Leopardi, vol. I, pag. 127.
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