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116 INFERNO. — Canto I. Verso 113 a 121

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  Che tu mi segui, e io sarò tua guida,
  E trarrotti di qui per luogo eterno;
Ove udirai le disperate strida,115
  Vedrai li antichi spiriti dolenti,
  Ch’a la seconda morte ciascun grida;
E vederai color che son contenti
  Nel fuoco, perché speran di venire
  Quando che sia a le beate genti. 120
A le qua' poi se tu vorrai salire,




ch’ io ti mostrerò tutto quello che per ragione umana si può sapere. Circa la quale proferta è da notare ch’ell’è alcune cose che si possono sapere e cognoscere per ragione e scienzia umana; alcune sono, che sono sì alte e rimote dall’umano intelletto, che la nostra capacità non le può giugnere. E queste così fatte non si possono sapere senza perfetta revelazione; e perciò è la teologia scienzia revelata. Sichè dice Virgilio: io ti mostrerò le disperate grida, cioè lo inferno e coloro che sono contenti nel fuoco, cioè quelli che sono in Purgatorio, che sono contenti di purgarsi nel detto fuoco, con ciò sia cosa che dopo la sua purgazione enno certi d’andare[1] alle beate genti, cioè in Paradiso. E queste due condizioni si possono cognoscere per discrezione umana, ch’è pur di ragione umana che colui, che pecca, secondo giustizia dee essere punito; vero è che lo peccato riceve distinzione, ch’egli è peccato ch’è mortale e peccato ch’è veniale. Lo mortale conduce lo uomo a morte, cioè a perdizione, l'altro conduce a pena , poi dopo quella pena, che è purga


come alla Nid. e ai mss. a metà del commento al canto XXXIII dove dice: queste sono due isole poco fuor de la staria di Pisa e indica la Capraja e la Gorgona. Al Purgatorio C. VI,è scharia, S. staria, R., col riscontro prode. Per quanto cercassi e chiedessi non mi potei abastanza illuminare e interpretai che errore fosse di scrizione e dir dovesse estuario; non azzeccai bene. Mi dà lume il Presidente Zambrini con una antica lettera a lui del eh. Salvator Bongi intorno ai tanti stra falcioni di colui che mi fu cagione di ciò che scrissi a pag. CC. Afferma che staria è voce vera, e abondante ne' portolani veneti, che è in Villani sebbene alterata; e che vai costa di terra Di vero, s’accorda col prode del Riccardiano 1005. Ma in Villani stampe e manoscritti, fuor quello che fu di Davanzati e la edizione del Moutier falla su di esso, hanno stanea. Il Moutier rinvenne in quel Cod. di Davanzati stinea e cotal diede, ma mostrò di dubitare della rettezza dell’una voce e dell’ altra. Io considerando le calligrafie de’ codici antichi affermerei che Giovanni Villani scrivesse starea se pure l'istesso staria non scrisse non avendo punti gl’i ne’ codici medesimi. L’ aversene parecchi col sanea, e uno o qualcuno collo stinea manifesta che tutti i primi provennero, via che uno, da mala copia, e quello dello stinea usci esso pure dall’originale, ma non meno infelicemente dell’altro. Restituisco al Lana quello che scrisse, e registrerò neo spoglio la voce fra le antiche degl’Italiani. Per chi voglia vedere in Villani avviso che la voce è nel libro X , ma nelle edizioni vecchie al capo 104 , in quella dell’ Argelati al capo 102, in quella del Moutier al capo 100. Il Moutier vi fa noia e non arriva al chiaro.

  1. Questo passo è in racconcio col Codice Riccardiano n 1005.
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