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160 INFERNO.— Canto V. Verso 124 a 139

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Ma se a conoscer la prima radice
  Del nostro amor tu hai cotanto affetto, 125
  Farò come colui che piange e dice.
Noi leggevamo un giorno per diletto
  Di Lancillotto, come amor lo strinse:
  Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse 130
  Quella lettura, e scolorocci il viso:
  Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
  Esser baciato da cotanto amante,
  Questi, che mai da me non fia diviso, 135
La bocca mi baciò tutto tremante:
  Galeotto fu il libro e chi lo scrisse;
  Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Mentre che l’uno spirto questo disse,




e aduce testimonianza a suo esordio lo suo autore overo signore, cioè Virgilio, che ricordandosi del suo essere in lo mondo, poeta e in grande stato, e ora vedersi nel limbo senza grazia e speranza di bene non è senza dolore e gramezza.

V. 127. Dice che questi due cognati leggeano uno giorno a diletto di Lancillotto, e come fu stretto da amore della reina Ginevra; e soggiunge ch’erano soli in uno luogo e senza alcuno sospetto. Or dice che leggendo come Lancillotto ebbe la reina per trattato del principe Galeotto, lo quale fu poi lo scrittore di tale novella, più fiate l’uno guardava all’altro. Infine quando furono in quello passo dove Lancillotto gittò lo braccio al collo a Ginevra e baciolla, costoro fenno lo simile insieme: e qui feceno punto a sua lezione. Poi e lie e altrove si favelonno per altro modo. Circa la qual cosa è da notare che si dee schifare quelle lezioni, le quali disordinano li animi delle persone e perducenli a vizio: ancora si deve schifare li luoghi li quali possano generare sospizione overo segurtade di mala operazione[1], che forse se non fosseno stati soli non sarebbe avvenuto quello principio che li condusse poi a violenta morte.

139. Segue lo poema mostrando come l’altro spirito piangendo affermava suo detto: e soggiunge come di loro avea tanta pietade, considerando che erano lì per amore[2], ch’ello usci della memoria e cadde come fanno li corpi morti.

E qui finisce la intenzione del quinto capitolo.


cateratta (senz’aver prima detto che cateratta c’era), e il falso Boccaccio dice della cateratta e della falda del corretto, quindi conobbe un poco più di quello che Dante non disse: ma può essere ogni accessorio imaginato dopo che Dante ebbe dato fuori il soggetto. Così vera fu tenuta dal Commento fatto o copiato da ser Griffolo anteriore al Boccaccio e da altri parecchi.

  1. Segurtade di mala operazione aggiungo col R., e col L XC, 12l
  2. Il Codice Riccard. scrive chiaro: Dannati per amore di concupiscenza.
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