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VII.
Poi che ha nel sesto capitolo trattato del vizio della gola, in questo settimo intende di trattare de’ prodighi e delli avari e delli iracondiosi in fine. Circa li quali primi vizii è da notare che li beni temporali si possano tenere e dare virtuosamente, e possonsi dare e tenere viziosamente. Se si dà quello che è bisogno temperatamente, e tiensi quello che non ha luogo a spendere secondo la condizion e facoltà dello uomo, questo è vertudioso modo ed è apellato largo, overo liberale, sicome dice lo Filosofo in secondo e quarto Ethicorum: liheralitas moderat― cupidi totem aquirendi vel possidendi res exteriores: e intendesi res, overo bona exieriora tutte quelle cose che si puonno con pecunia misurare. Se si dàe o spende più che non è, overo s’aviene alla facultade dell’uomo, è apellato prodigo quasi proditus, cioè tradito[1], che si lascia tradire e ingannare alla sua volontà; perchè se bene si considera, questi beni esteriori sono ordinati e alla vita e all’onore: e perciò colui che li dispensa disordinatamente per sua volontà, si può dire prodito, cioè tradito. E però dice Aristotile in lo secondo e quarto dell’Etica: prodigalitas est vitium quod consistit in indebita corruptione vel consumptione substantiæ: e la glosa dice: propriarum divitiarum etc; posse similemente li esteriori beni tenere viziosamente, e similemente affettarli con viziosa ed indebita maniera. E questo avviene alli illiberali, overo avari, li quali non solamente peccano in tòrre lo superfluo ad altri, ma eziandio sono defettuosi e manchevoli in dar quello che liberamente dovrebbono dispensare; è similemente, sicome dice Aristotile in l’Etica, in li predetti libri; questo è uno pestifero ed incurabile morbo[2], che naturalmente l’umana natura tende ad imperfezione di sè. Sichè come vive più l’uomo, tanto diventa più pusillanimo e cattivo d’animo: per le quali cose si segue ch’elli diventa avaro e va sempre peggiorando. E questo avviene perchè li spiriti s’afievoliscono per lo corpo che è in declinazione, l’animo che segue alle passioni del corpo, perchè cognosce più li pericoli mondani e aspetta meno essere aiutato, s’indebolisce e diventa cattivo, ed ha sempre paura che Dio e ’l mondo li vegna meno. Or per questa tal paura inordinata, che l’anima segue e il corpo, si è peccato: e dice san Bernardo: avaritia est quarumlibet rerum insatiabilis et inonhesta cupido; e l’Apostolo dice: avaritia est ydolorum