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INFERNO. — Canto VII. Verso 13 a 31 175

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INFERNO. — Canto VII. Verso 13 a 31 175

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Quali dal vento le gonfiate vele
  Caggiono avvolte, poiché l’alber fiacca;
  Tal calde a terra la fiera crudele. 15
Così scendemmo nella quarta lacca,
  Prendendo più della dolente ripa,
  Che il mal dell’universo tutto insacca.
Ahi giustizia di Dio, tante chi stipa
  Nuove travaglie e pene, quante i’viddi? 20
  E perchè nostra colpa sì ne scipa?
Come fa l'onda là sovra Cariddi,
  Che si frange con quella in cui s’intoppa;
  Così convien che qui la gente riddi.
Qui vid’io gente più che altrove troppa, 25
  E d’una parte e d’altra, con grand’urli,
  Voltando pesi per forza di poppa:
Percotevansi incontro, e poscia pur lì
  Si rivolgea ciascun, voltando a retro.
  Gridando: Perchè tieni, e perchè burli? 30
Così tornavan per lo cerchio tetro,




V. 13. Qui esemplifica allo irrazionabile contento di Pluto, e dico che sicome le vele de’navilii caggiono avolte e disordinate poi che si scavezza l'albero, così quello nemico, udito che in cielo si volea tale viaggio, cadde a terra.

12. Siegue lo poema mostrando come scese nel quarto circolo e soggiunge che vide nuove travaglie, le quali sono perchè si scipa ad ovrare nostre colpo.

22. Cariddi è uno mare che è in settentrione, lo quale è molto percosso dal vento[1] e fallo molto ondeggiare. Or a le rive dove hae contrasto l'acqua dalla terra l'una onda si percuote coll'altra, e poi ciascuna torna là onde ella viene: sichè in quelli così fatti luoghi ha grande frangimento di venti e pettorate di onde di acqua; così dice Dante ch’era in questo quarto circolo genti che si pettoreggiavano e tornava ciascuno nella parte dond’era mosso. E soggiunge che voltavano pesi cioè petroni per forza, quasi a dire che con grande fatica faceano quel suo corso. E dice che urlavano cioè lamentavansi a modo di lupi dicendo l'una parte all’altra: perchè tieni, cioè perchè fosti avaro; l'altra parte dicea: perchè burli, cioè perchè gittasti lo tuo inordinatamente.

31. Appare nel testo come correano per quel suo circolo, pettoreggiandosi, in due luoghi oppositi; e quando s’incontravano nel detto modo si diceano quell’inno e quel metro, overo verso. Poscia si rivolgea ciascuno per l'altra parte e si scontravano ciascuno per l' altro mezzo circolo.

  1. Hora che leggesi nel R è voce ancora viva in Lombardia Cispadana.
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