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188 | INFERNO. — Canto VIII. Verso 94 a 106 |
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Pensa, Lettore, s’io mi sconfortai[1]
Nel suon delle parole maledette: 95
Ch’io non credetti ritornarci mai.
O caro duca mio, che più di sette
Volte m’hai sicurtà renduta, e tratto
D’alto periglio che incontra mi stette,
Non mi lasciar, diss’io, così disfatto: 100
E se l’andar più oltre c’è negato,
Ritroviam l’orme nostre insieme ratto.
E quel signor, che lì m’ avea menato.
Mi disse: Non temer, che il nostro passo
Non ci può torre alcun: da tal n’è dato. 105
Ma qui m’attendi; e lo spirito lasso
- ↑ V. 94. Il Witte, e il Landino, hanno Pensa, lettor, se io mi sconfortai ma se elidiamo il se io il verso è zoppo: doveva scriver Lettore come hanno BP e BV, e si raddrizzava. Eglino fecer bisillabo io, modo pessimo di elidere sebbene di molti.
troppo vegliare. E per questo quarto modo similemente volseno essere tentati, quando dice: provi, se sa, quasi a dire: elli vorrà
adovrare lo suo sapere si negli estremi, ch’elli cadrà in peggio, e per consequens sarà decepto ed ingannato.
V. 94. Qui seguendo suo poema se conquere e lamenta di sua aversitade, mostrando che le sopradette parole aveano toccato quello ch’elli quasi era desperato, nè non credea mai tornare suso, cioè a salvazione: poiché s’è compianto col lettore, si recita quello che sua lingua espose al suo conducitore, rammemorando che più volte era stato in pericolo, o che lo suo aiuto[1] l’aveva salvato, soggiungendo che non lo abandonasse, e se pur suo poder non fusse d’andar innanzi, che’l tornare adrieto gli era a grato.
103. Come appar nel testo dice Virgilio a Dante che la grazia che s’hae da Dio creatore, non li puote essere tolta da creatura.
106. Cioè riprendi speranza e vigore e ciba, cioè nutrica lo spirito affannato di quelli cibi ch’hanno mestieri alle tentazioni predette, promettendoli ch’elli non lo lasserà lie disconsolato: li quali cibi è da sapere che in primo sono centra lo primo caso lo segno della santa croce, lo qual santo segno hae a rammemorar la passion di Cristo, per la quale ellino, cioè li demonii, furono relegati nell’ inferno, e toltoli e tritatoli la sua superbia ed arroganzia, che volleno tenere serrade le porte infernali, le quali per Cristo furono aperte e rotte, quando discese al limbo, dicendo: tollite portas, principes, vestras, etc. E però, se per quello, che per l’effetto che si seguio di tal passione, ella, cioè la croce, è arme centra li demoni e tolleli la possanza del nuocere. Seguisce effetto di tal passione alla spezia umana quando bene la considera in prima che le tolle
- ↑ La sua aida, cioè aita, leggono il Cod. Riccard. e il Laurenz. XC, 121.